IL TRASPORTO DELL’UMIDITÀ

Nonostante i complessi fenomeni che attengono al trasporto di umidità all’interno di un componente edilizio, cercheremo in questo articolo di semplificare i concetti andando ad analizzare quelli più rilevanti che coinvolgono il passaggio dell’umidità attraverso le strutture. Spesso chi si riferisce ai “muri che respirano” in realtà vuole alludere alla “traspirabilità” delle pareti o in al tri termini alla loro capacità di “diffusione del vapore acqueo”.

La diffusione di vapore dipende fortemente dai livelli di temperatura e di umidità relativa e dunque occorre prendere in considerazione questo fenomeno durante le varie stagioni e i differenti climi. In particolare, nei climi dominati dal riscaldamento durante la stagione invernale il valore fluisce dall’interno verso l’esterno e viceversa durante la stagione estiva. Alcuni materiali speciali come argilla, mattoni, legno, calcio silicato, ecc. favoriscono anche un altro fenomeno concomitante di trasporto dell’umidità, l’accumulo di umidità e il trasporto capillare. Materiali più idonei a “smaltire” l’umidità in eccesso dalle pareti rappresentano una garanzia addizionale per evitare che non rimanga acqua allo stato liquido nelle pareti e in generale nei componenti perimetrali, purché l’intera stratigrafia rimanga aperta al trasporto di umidità allo stato di vapore e di liquido. Infine, sebbene vi sia una differenza nella capacità di accumulo igrometrico dei materiali coibenti, tale caratteristica perde di rilevanza quando i coibenti vengono inseriti in una stratigrafia costituita negli strati più interni da materiali a più elevato assorbimento igrometrico.

Tuttavia, la quantità di umidità che può essere trasportata fuori dalle strutture, coibentate o meno, mediante fenomeni di diffusione di vapore e capillarità è generalmente estremamente ridotta e costituisce solo il 3-5% dell’umidità contenuta nell’aria interna!

Ciò significa che per evitare fenomeni di muffa, condensa e danni strutturali diventa necessario e quanto mai irrinunciabile ventilare manualmente aprendo le finestre (contrapposte) per svariate volte al giorno oppure alternativamente installare un impianto di ventilazione meccanica per mantenere un livello di umidità interna costantemente nel range di comfort. È utile ricordare come eventuali spifferi presenti nelle strutture perimetrali, oltre a costituire una sorgente di discomfort e di dispersione energetica, potrebbero dare origine a un flusso di umidità estremamente elevato che in ultima analisi potrebbe causare anche danni strutturali nonché fenomeni di muffa e condensazione. Per fissare le idee, si immagini che attraverso 1 m2 di tetto parzialmente aperto alla diffusione di vapore (sd = 2 m) possono fluire giornalmente per diffusione 7 grammi di umidità. Per contrasto, attraverso una fuga da 2 mm di larghezza praticata in un elemento costruttivo da 10 cm di profondità, per ogni metro lineare di fuga possono passare ogni giorno ben 2-300 grammi di umidità. Ciò significa che dopo una stagione di riscaldamento si possono raccogliere anche diverse decine di litri di acqua condensata nella struttura! E per rafforzare ancora di più il concetto che gli spifferi vanno assolutamente evitati, si pensi che in un’intera stagione di riscaldamento attraverso un solo pannello in cartongesso fluisce per diffusione una quantità di vapore pari a circa 1/3 di litro di acqua, che salirebbe addirittura a 30 litri se praticassimo un forellino da 2,5 x 2,5 cm.

Un effetto deleterio collaterale dovuto alla maggior presenza di umidità all’interno delle strutture è costituito anche dall’incremento dei valori di conducibilità dei materiali edili, specialmente coibenti: in prima approssimazione, si può assumere una relazione lineare fra contenuto di umidità e conducibilità termica, perciò aumentando l’umidità cresce il flusso termico e dunque le dispersioni del fabbricato. Ciò danneggia anche i materiali edili che, trovandosi in condizioni di elevata umidità per molto tempo, diminuiscono gradualmente la propria vita utile, peggiorando significativamente la redditività economica dell’intervento.

ricapitoliamo le cinque regole d’oro per immobili salubri (e durevoli):

  1. i muri non respirano;
  2. se i muri respirassero, ciò nuocerebbe enormemente alle strutture, rimarrebbero perennemente bagnati, diminuirebbe la loro vita utile allungando il periodo di rientro dell’investimento, in ogni caso non riuscirebbero a garantire il necessario ricambio igienico di aria;
  3. i valori di conducibilità termica dei materiali (perlopiù coibenti) aumenterebbero al crescere del contenuto di umidità nelle strutture, risultando in maggiori consumi e costi;
  4. eliminare assolutamente gli spifferi, sorgenti di discomfort, elevati consumi/costi e forieri di deterioramenti, criticità come muffe, condense e possibili danni strutturali;
  5. per garantire il ricambio d’aria necessario a livello igienico occorre aprire le finestre per ventilare (provocando tuttavia elevate dispersioni termiche in inverno e picchi indesiderati di calore sensibile/ latente in estate) oppure installare preferibilmente una macchina di ventilazione meccanica a singolo flusso o a doppio flusso con recupero di calore, qualora si abbia interesse a investire in efficienza energetica.